Ecole des Maîtres 2001
ECOLE DES MAÎTRES 2001
corso internazionale itinerante di perfezionamento teatrale
diretto da Franco Quadri
X EDIZIONE: 1 agosto - 16 settembre 2001
maestro Jean-Louis Martinelli
laboratorio su Platonov
Jean-Louis Martinelli
allievi
Silvia Ajelli (Italia), Sonia Barbosa (Portogallo), Elsa Bosc (Francia), Samuel Carneiro (Francia), Fortunato Cerlino (Italia), Catherine Daele (Belgio), Mathylde Demarez (Belgio), Claudio Dos Santos (Belgio), Benjamin Kauffmann (Francia), Circe' Lethem (Belgio), Lucia Mascino (Italia), Fabrizio Matteini (Italia), Antoine Oppenheim (Francia), Joao Pedreiro (Portogallo), Rui Pena (Portogallo), Julie Recoing (Francia), Enrico Roccaforte (Italia), Annamaria Rossano (Italia), Nuno Sousa (Portogallo), Jean-Michel Van Den Eede (Belgio), Cathy Verney (Francia), Marie-Lou Vrancken (Belgio)
assistenti:Françoise Bette, André Markowicz, Françoise Morvan, Làzlò Sary
promosso e organizzato da:
Ente Teatrale Italiano, Centro Servizi e Spettacoli di Udine, Centre de Recherche et d’Expérimentation en Pédagogie Artistique (Belgio), Ministère de la Culture et de la Communication (Francia), Académie Théâtrale de l’Union (Francia), Fonds d’Assurance Formation des Activités du Spectacle (Francia), Teatro Scuola d’Arte Drammatica di Mosca (Russia), Ministério da Cultura – Instituto Português das Artes do Espectáculo (Portogallo)
con il sostegno di:
Ministero dei beni e Attività Culturali, Dipartimento dello Spettacolo (Italia), Regione Friuli Venezia-Giulia (Italia), Provincia di Udine (Italia), Comune di Fagagna (Italia), Centre Culturel de Belem (Portogallo), Théâtre de la Place (Belgio), Ministère de la Culture de la Communauté française, Service de Théâtre (Belgio), Commission aux Relations Internationales (Belgio)
Nata come iniziativa sperimentale, l'Ecole des Maîtres ha rivendicato dal primo momento la libertà della sua natura evolutiva: le caratteristiche strutturali sono determinate, ma il programma sfugge alla disciplina di un metodo preesistente e si sottrae ai cliché, diretto com'è ad avanzamenti che ne raddrizzino il percorso, evitando di ricalcare il passato. Tanto più vale questa regola per l'attuale edizione, che è la decima dall'inizio e la prima del nuovo millennio; e arriva dopo un laboratorio che è confluito per la prima volta in una produzione, originando un vero e proprio spettacolo (il progetto di Eimuntas Nekrosius su Il Gabbiano di Cechov) con la sua compagnia internazionale presente nella prossima stagione teatrale italiana e invitata da alcuni festival stranieri.
Ora è chiaro che l'Ecole non intende trasformarsi in una fabbrica di spettacoli, perché la sua essenza si incentra sull'attenzione al procedimento e non si propone di mettere in mostra i propri risultati pratici. Ma si tratta anche di un'esperienza che lascia dei segni in chi vi ha partecipato, costruisce rapporti e legami non effimeri, si inserisce nelle ricerche di una coscienza europea: usa infatti un mezzo da sempre utile nell'avvicinare le culture come il teatro, per anticipare una difficile realtà comunitaria, superando le barriere linguistiche attraverso l'accettazione delle loro diversità.
Non è un caso che il maestro scelto per il 2001 sia Jean-Louis Martinelli, e non perché ha lo storico nome di uno dei primi comici che esportò Arlecchino in Francia: ci interessa la storia di questo regista che in tutta la sua carriera, sempre interessata al lavoro e alla formazione dei giovani, ha privilegiato la nuova drammaturgia e si appresta ora ad aprire un nuovo ciclo del Théâtre des Amandiers di Nanterre. Subito dopo il nostro corso, egli assumerà infatti la direzione di quel centro, determinante nell'ultimo ventennio per la pratica di un teatro che si cala nei problemi della società e dell'uomo d'oggi, basandosi sui valori della drammaturgia e della recitazione.
Il tema dello stage Martinelli l'ha estrapolato dal proprio repertorio per il prossimo anno e ci riporta ancora a Cechov che, cent'anni dopo avere dato le sue parole e un simbolo al Teatro d'Arte di Mosca, continua a serbare intera la sua attualità, offrendo oltre a tutto sempre nuovi impulsi alla tecnica teatrale. A noi dell'Ecole il grande scrittore ricorda un collage montato in soli dodici giorni da Jacques Lassalle nel suo primo stage a Fagagna, attingendo da sei diversi testi cechoviani delle scene sul tema del "dongiovanni suo malgrado", con una dimostrazione finale itinerante tra le sale di tre palazzi, ma anche sulle scale, in strada o sul pullman che trasportava gli spettatori; e non possiamo ovviamente dimenticare Il gabbiano che, come prima si diceva, Nekrosius ha curato lo scorso anno e rimesso definitivamente in volo a giugno. A Nanterre invece questo Platonov evoca lo studio compiuto da Patrice Chéreau negli anni '80 coi giovani della sua scuola, che nella loro semplicità non creavano imbarazzi nel dare una immagine senza travestimenti d'epoca a personaggi molto più vecchi di loro.
Primo testo teatrale scritto da Cechov ventenne, Platonov, come ben si sa, è prezioso e affascinante anche perché contiene nel suo sterminato chiacchiericcio le principali situazioni di tutta l'opera seguente, per quanto più brutalmente risolte: ai postumi offre un ripostiglio di segreti e una sorta di summa ante litteram che va aldilà delle previsioni dell'autore.
Il manoscritto è stato infatti trovato un paio di decenni dopo la morte di Cechov, che aveva lasciato accenni a un lavoro forse perduto o che manifestava l'intenzione di distruggere. E invece ecco uno straordinario stimolo per i registi, liberi in qualche modo di usarne i materiali per "riscrivere Cechov", a cominciare dal titolo, che ha annoverato una quantità di varianti. Tanto per citarne qualcuna: Quel pazzo di Platonov, Platonov e gli altri, Partitura incompiuta per una pianola meccanica, Commedia (o Opera) senza titolo, che è forse la più fedele, perché, per rispettare L'anonimato del copione, gli studiosi l'hanno a lungo definito "dramma Inedito".
Ma perlopiù si propende oggi a far coincidere il manoscritto ritrovato con quel primo fallimento cui l'autore allude chiamandolo Bezotcòvscina, che andrebbe tradotto letteralmente "Senza padre" o "Testo senza padri": una definizione illuminante, come ha acutamente rilevato ad apertura dello stage André Markowicz, autorevole traduttore francese della pièce e di tutto il teatro di Cechov (e non soltanto), assieme a Françoise Morvan, presente con lui a Fagagna. "Senza padre" è infatti Platonov, e lo era lo stesso Cechov, ma questo vuoto si riproduce in Dostoevskij, che scrive I fratelli Karamazov nello stesso periodo in cui nasce Platonov; e il bisogno della figura di un padre costituisce un problema non solo letterario per un periodo cruciale della storia russa. Può darsi dunque che su questa chiave di lettura si sviluppi il nuovo stage e il lavoro dei ventidue ragazzi convenuti all'Ecole per specchiarsi in compagni di altri Paesi, ma soprattutto per affidarsi alla paterna guida di un Maestro.