Udine | Teatro S. Giorgio
27 marzo 1996
31 marzo 1996
Peer Gynt
Il poema drammatico di Ibsen interrogato e interpretato da Marco Baliani in uno spettacolo corale, dove il protagonista si moltiplica dando molte facce alla ricerca di se stesso.
locandinadrammaturgia Marco Baliani, Francesco Guadagni, Renata Molinari
Cinquanta scene diverse, decine di avvenimenti e di personaggi: sin dal momento della sua comparsa (1867), Peer Gynt è stato considerato non a caso irrappresentabile. Ciò non toglie che questo straordinario poema drammatico rimasto un unicum nella storia del suo stesso autore, abbia poi collezionato, soprattutto nel corso del nostro secolo, un gran numero di messe in scena. E che registi e attori abbiano poi riletto nelle chiavi più diverse - da quella psicoanalitica a quella, persino, politica - il mito del mirabolante avventuriero nordico alla ricerca di se stesso. Che si tratti di una fiaba iniziatica, di una sorta di stralunata versione contadina del mito faustiano, sembra abbastanza inconfutabile; ma nel suo svolgimento si intrecciano tanti e tali motivi, alcuni dei quali di carattere squisitamente storico-culturale (per esempio la polemica anti-romantica e anti-hegeliana), che renderne conto attraverso una sola metafora scenica appare davvero impossibile. Occorre, almeno in qualche misura, sfrondare, semplificare. E appunto nel segno dello sfrondamento e della semplificazione è nato il Peer Gynt di Marco Baliani, giunto dopo una lunga gestazione laboratoriale allo spettacolo prodotto da TeatridiThalia. Nella elaborazione drammaturgica realizzata dallo stesso Baliani l'intero racconto si svolge alla presenza del protagonista (già vecchio, già ritornato al paese natale, già alle prese con il processo intentatogli dalla Morte) come una sorta di commemorazione, come un lungo tentativo di rispondere alla domanda Chi è Peer Gynt? Una struttura che ha un intento di chiarezza indiscutibilmente apprezzabile, che riduce il complesso e contraddittorio archetipo del viaggio iniziatico alla formula moderna della ricerca di identità. Ma una struttura che Baliani non ha poi mancato di arricchire facendo comparire accanto al vecchio Peer sei o sette Peer giovani, spesso presenti simultaneamente in scena e applicando lo stesso procedimento di rifrazione-moltiplicazione anche ai personaggi delle due donne, la madre e la sposa, amate e abbandonate da Peer nel corso della sua vita tumultuosa e ritrovate al momento della morte come unico luogo o ragione di senso e, ancora una volta, di identità profonda.
Giovanni Raboni, Corriere della Sera