Udine | Teatro S. Giorgio, Sala Harold Pinter
4, 5, 6 dicembre 2024 ore 21:00
Autoritratto
Davide Enia
locandinacon il patrocinio della
Venerdì 28 febbraio ore 20.45
Cervignano del Friuli, Teatro Pasolini
Dopo il debutto accolto con standing ovation a ogni replica al Festival dei Due Mondi di Spoleto, Davide Enia palermitano, scrittore, drammaturgo, interprete e regista, artista dal 2024 in produzione al CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia, porta in tournée Autoritratto, frutto di una coproduzione CSS, Piccolo Teatro di Milano - Teatro d’Europa, Accademia Perduta Romagna Teatri, Festival dei Due Mondi con il patrocinio della Fondazione Falcone.
19 luglio 1992. Cinquantasette giorni dopo l’uccisione di Giovanni Falcone, un’autobomba esplode in via D’Amelio, muoiono il giudice Paolo Borsellino e i cinque membri della scorta.
A 32 anni dalle stragi mafiose, Davide Enia racconta l'impatto di Cosa Nostra sulla nostra vita di persone, di cittadine e cittadini e traccia «un Autoritratto intimo e collettivo» di una comunità costretta a convivere con la continua epifania del male.
Intrecciando cunto e parole, corpo e dialetto, usando gli strumenti che il vocabolario teatrale ha costruito nella sua Palermo, Autoritratto esplora il rapporto nevrotico con Cosa Nostra e il suo devastante impatto emotivo nella vita di ognuno. Autoritratto è una tragedia, un memoriale, un’orazione civile, una interrogazione linguistica, un processo di analisi personale e condiviso, e quindi al contempo intimo e collettivo.
“Io non ho nessun ricordo del 23 maggio 1992. Non ricordo dove fossi, con chi, quando e dove ho appreso la notizia della bomba in autostrada che ha ucciso il giudice Giovanni Falcone, sua moglie e alcuni agenti della scorta. I miei parenti, i miei amici, i miei compagni, tutte le persone che conosco hanno un chiaro ricordo di quel giorno. Io ho un vuoto che non si riempie. Le mie difese emotive hanno operato una rimozione tanto profonda quanto dolorosa. Ma non è la rimozione uno degli effetti della nevrosi? In Sicilia praticamente tutti abbiamo avuto, almeno fino alle stragi, un rapporto di pura nevrosi con Cosa Nostra. È un discorso che ha a che fare con la coscienza collettiva condivisa, con la pratica del quotidiano, con strutture di pensiero millenarie. Per diverse ragioni, da noi la mafia è stata minimizzata, sottostimata, banalizzata, rimossa o, al contrario, mitizzata. Ovvero: non è mai stata affrontata per quello che è. E, a questo sfocamento dell’oggetto da studiare, è corrisposta una inconscia introiezione di quelle identiche modalità di comportamento, stesse pratiche, simili scatti emotivi. Per uno sguardo che indugia su un particolare, a Palermo può partire un aggàddo, una rissa. Il padre che impone al figlio l’iscrizione a una data facoltà universitaria moltiplica la logica del patriarca cui si deve obbedire. La difficoltà di nominazione del desiderio e la conseguente consegna alla dittatura del silenzio rende la logica del Potere pronta ad aggredire e a imporsi con maggiore facilità. Questo è quindi uno dei problemi che abbiamo con Cosa Nostra: in una maniera dolorosa e sconcertante, a volte la mafia rappresenta uno specchio della nostra vita familiare, dei nostri processi decisionali e operativi, del nostro modo di osservare il mondo e intendere le relazioni, del nostro rapporto con la religione. Sono tutte operazioni che scavano a livello inconscio, e che proprio nella comune base linguistica creano le prime cicatrici emotive. In una culla culturale in cui «’a megghiu parola è chìdda ca ‘un si dice”», la miglior parola è quella non detta, che si configura come prima soglia dell’omertà, affrontare per davvero Cosa Nostra significa iniziare un processo di autoanalisi. Non volere quindi capire in assoluto la mafia in sé, quanto cercare di comprendere la mafia in me. Questo assunto configura così una necessaria intelaiatura biografica nella costruzione del testo. A Palermo tutti quanti abbiamo pochissimi gradi di separazione con Cosa Nostra. Il primo morto ammazzato l’ho visto a otto anni, tornando a casa da scuola. Conoscevo il giudice Borsellino, abitava di fronte casa nostra, sono cresciuto giocando a calcio con suo figlio. E padre Pino Puglisi, il sacerdote ucciso dalla mafia, era il mio professore di religione al liceo. Come me, i miei amici, i miei compagni, i miei concittadini, tutti quanti abbiamo toccato con mano la mafia. Tutti possediamo una costellazione del lutto in cui le stelle sono persone ammazzate da Cosa Nostra.
Ecco una costante dei palermitani: sentirsi ovunque costantemente in pericolo. La nevrosi è inscritta nel nostro orizzonte degli eventi.
Lo spettacolo poi prenderà in esame un caso particolare, un vero e proprio spartiacque nella coscienza collettiva: il rapimento e l’omicidio di Giuseppe di Matteo, il bambino figlio di un collaboratore di giustizia, rapito, tenuto per 778 giorni in prigionia in condizioni spaventose e infine ucciso per strangolamento per poi venire sciolto nell’acido. Una storia disumana che si configura come l’apparizione del male, il sacro nella sua declinazione di tenebra. Siamo in presenza dell’orrore, di una ferocia smisurata, di una linea di azioni così abiette da essere impossibile ogni aggettivazione. E su tutto vibra il sacrificio di una vittima innocente. La verticalità della vicenda ha in sé tutti i requisiti della tragedia, soprattutto nella formulazione di domande che non possono avere risposte. Gli strumenti linguistici a disposizione per affrontare questo lavoro sono quelli che il vocabolario teatrale ha costruito nella mia Palermo: il corpo, il canto, il dialetto, il pupo, la recitazione, il cunto. È dentro questo linguaggio circoscritto che questo problema linguistico va affrontato, sviscerato, interrogato, risolto.
Questo nuovo lavoro è una tragedia, una orazione civile, un processo di autoanalisi personale e condiviso, un confronto con lo Stato, una serie di domande a Dio in persona.
Lo spazio scenico così non può che essere il teatro vuoto: via le quinte, via i fondali, via tutto. Resta la nudità di una struttura eletta come luogo della rappresentazione. Il teatro svuotato diventa così il correlativo oggettivo dell’inconscio, sia individuale che collettivo. Le mura, le assi, i pilastri diventano il fondo su cui si depositano le ferite, i traumi, le vergogne, le rimozioni.
Lo spazio vuoto apre all'evocazione del tempo della memoria, sia del singolo che della comunità. È il campo di forza in cui è possibile ricostruire un immaginario, risignificando lo spazio, lo sguardo, il silenzio, la parola.
Per questo, questo rituale è un autoritratto al contempo intimo e collettivo”.
Davide Enia
durata: 90 minuti
Consigli di lettura a cura della Biblioteca Civica "V. Joppi" di Udine
Ascolta l'intervista di Miriam Mauti a Davide Enia su Prima fila - Rai Radio 1, 30 novembre 2024
Immagini
Documenti
Locandina Autoritratto - immagine Francesco De Grandi e Federico Lupo [582 Kb]Locandina Autoritratto - immagine Francesco De Grandi e Federico Lupo [799 Kb]Rassegna stampa
Amalia Apicella, Autoritratto di Enia nella Palermo anni 90 - Il Resto del Carlino Bologna, 11 dicembre 2024 [276 Kb]Michele Pascarella, Bisogna nominare le cose. Cinque brevi note su Autoritratto di Davide Enia - Gagarin Magazine, 9 dicembre 2024 [272 Kb]Mario Brandolin, La mafia vista da Davide Enia, Messaggero Veneto, 3 dicembre 2024 [1062 Kb]Rodolfo Sacchettini, 'Cunti' sinistri e fiabeschi dal Senegal a Palermo - Altre Velocità, 1 agosto 2024 [127 Kb]Francesca De Sanctis, Autoritratto con mafiosi - L'Espresso, 19 luglio 2024 [542 Kb]Camillo Corsetti Antonini, Murire accisu. L'ultimo prodigio di Davide Enia è il suo autoritratto - Linkiesta.it, 5 luglio 2024 [611 Kb]Rosella Postorino, La mafia che ci portiamo dentro - La Stampa, 3 luglio 2024 [1465 Kb]Annalisa Camilli, Autoritratto di una generazione cresciuta all'ombra di cosa nostra - Internazionale.it, 3 luglio 2024 [158 Kb]Angela Calvini, Enia, 'La mafia e le radici del male' - Avvenire, 30 giugno 2024 [1346 Kb]Rodolfo di Giammarco, La mafia secondo Davide Enia: 'Porto in scena le radici dell’albero del male' - La Repubblica, 26 giugno 2024 [402 Kb]Laura Zangarini, Capaci, Puglisi Il mio urlo contro la mafia - Corriere della Sera, La Lettura, 19 maggio 2024 [1613 Kb]Tournée
prima assoluta
29 giugno 2024 ore 21.00
30 giugno 2024 ore 18.30
2 luglio 2024 ore 20.30
3 luglio 2024 ore 19.30
4 luglio 2024 ore 21.00
5 luglio 2024 ore 20.30
6 luglio 2024 ore 18.30
7 luglio 2024 ore 18.30
Spoleto Festival dei Due Mondi
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2 dicembre 2024
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3 dicembre 2024
Forlì, Teatro Piccolo
4, 5, 6 dicembre 2024, ore 21
Teatro Contatto
Udine, Teatro S. Giorgio
10 dicembre 2024, ore 21
Gradisca d'Isonzo (GO), Teatro Comunale
11 dicembre 2024, ore 21
Casalecchio di Reno (BO), Teatro Comunale Laura Betti
27 febbraio 2025, ore 21
Imola (BO), Teatro Ebe Stignani
28 febbraio 2025, ore 20.45
Cervignano del Friuli (UD), Teatro Pasolini
11 marzo 2025, ore 21
Tortona (AL), Teatro Civico
12 marzo 2025, ore 21
Mondovì (CN), Teatro Baretti
13 marzo 2025, ore 21
Vigone (TO), Teatro Selve
14 marzo 2025, ore 21
Asti, Spazio Kor
20 marzo 2025 ore 19.30
Padova, Piccolo Teatro
21 marzo 2025, ore 21
Vicenza, Teatro Astra
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Trevignano (TV), Teatro Comunale
23 marzo 2025, ore 18
San Giovanni in Persiceto (BO), Teatro Comunale
25 marzo - 17 aprile 2025
Milano, Piccolo Teatro, Teatro Grassi
18 aprile 2025, ore 21
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20 maggio - 1 giugno 2025
Roma, Teatro India
3-8 giugno 2025
Torino, Teatro Gobetti