• darkblurbg

Udine | Teatro S. Giorgio
14-15 / 18-26 novembre ore 21.30

Il calapranzi

Due killer attendono la loro vittima. A interpretarli due beniamini del pubblico friulano, Claudio Moretti e Fabiano Fantini, diretti da Gigi Dall'Aglio

locandina
anno
2009
testo
Harold Pinter
traduzione Alessandra Serra
regia
Gigi Dall\'Aglio
interpreti
Claudio Moretti e Fabiano Fantini
scene/luci
scene e costumi Emanuela Dall’Aglio
assistente audio e luci Luigina Tusini
produzione
CSS Teatro stabile di innovazione del FVG

14-15, 18-26 novembre, ore 21.30
Udine, Teatro S. Giorgio
- palco
LIVING THINGS - HAROLD PINTER: Quintessential Pinter
durata 70 minuti

Formidabile studio di due caratteri, Il calapranzi resta il più rappresentato fra i lavori di Pinter. Teso ed esilarante, come l'autore lo immaginò nel 1958, questo piccolo capolavoro della minaccia ha oramai maturato una cifra classica ed è stato allestito nelle più disparate versioni. In un atmosfera sempre più elettrica, due killer attendono la loro vittima. A interpretarli, stavolta, due beniamini del pubblico friulano, diretti da Gigi Dall’Aglio.

LEGGENDO IL CALAPRANZI IN SCENA
La prima lettura di un Pinter è difficile come quella di un Beckett.
Ma è proprio la prima lettura quella che conta, perché la comprensione del senso è da subito folgorante e inquietante, pur se riconoscibile, o forse inquietante proprio perché riconoscibile.
Lo svolgimento del groviglio dei rapporti, invece, è, in prima istanza, criptico.
Ma quando gli attori cominciano a muoversi intorno ad un cardine di natura sfuggente, dapprima involontariamente, poi con sempre maggior coerenza, chiariscono progressivamente tutti i nodi e gli snodi dialettici. Infatti la sostanza teatrale di questa materia è talmente alta che ogni cosa, nello spazio scenico, acquista colore, sapore, eco e ridondanza.
Si chiede agli attori (due) di “abitare” la scena per un tempo cui è stata sottratta teatrosità ed in uno spazio cui viene sottratta la convenzione del “porgeree” verso il pubblico grazie all'utilizzo di quattro “quarte pareti”.
E loro, gli attori, abitano lì e i personaggi vivono lì: due sciagurati, due killer, camorristi, mafiosi,  due spie, due agenti segreti con licenza di uccidere, i due inquisitori di Abu Omar, due aguzzini, due torturatori, due signor nessuno, pericolosi, insomma due che conosciamo bene, due che conosciamo solo per sentito dire.
E il pubblico decifra la loro dimensione e il labirinto del loro rapporto attraverso frammenti noti di piccole sopraffazioni, ansie, egoismi, minacce, vuoti di vita e di improvvisi turbamenti grezzi e infantili.
Ma ecco che in una attesa di densa frustrazione qualcosa accade ed il racconto si anima precipitando al suo destino grazie all'improvvisa irruzione, dall' esterno, di una presenza misteriosa seppur innocua, un vero e proprio personaggio, oggetto e figura che, nel nostro mondo assume un nome di valenza antropomorfa: servo cieco, servo allocco, Battista muto. Un passavivande.
Gigi Dall'Aglio

Immagini