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Aminta - Nuova favola pastorale

Un confronto fra il mondo bucolico inventato e quello storico della realtà, il rapportarsi di città e campagna, il conflitto fra giovinezza e vecchiaia, fra umanità e bestialità

locandina
anno
1990
testo
Torquato Tasso
drammaturgia di Alessandro Marinuzzi
regia
Alessandro Marinuzzi
interpreti
Sandra Cosatto, Fabiano Fantini, Rita Maffei, Sabrina Pelican, Massimo Teruzzi
scene/luci
scene Andrea Stanisci
luci Alessandro Borsatti
musiche
musiche a cura di Paolo Terni
e...
regista assistente Francesco Accomando
collaborazione alla regia Letizia Pellizzari Gusella
costumi Andrea Stanisci
assistente costumista Margherita Mattotti
produzione
Centro Servizi e Spettacoli di Udine Ente Stabile di produzione, promozione e ricerca teatrale del Friuli Venezia Giulia; Udine Cultura; Solari Udine

La pagina letteraria è il luogo dove solitamente si deposita il teatro che ci ha preceduto. Oggi leggiamo Sofocle, Shakespeare, Moliére e Goldoni grazie al supporto duraturo della letteratura, che ci conserva traccia di ciò che in altre epoche furono le fragili apparenze dello spettacolo.
Ma il luogo esatto e indispensabile per il teatro resta pur sempre la scena. Senza il proprio spazio, senza l'apporto degli attori e il contatto diretto con il proprio pubblico, costretto dentro i limiti angusti delle pagine letterarie, il teatro mostra solamente l'ombra di sé stesso.
La conoscenza, l'abitudine, il piacere del teatro vengono unicamente dall'averlo visto rappresentato. Attori, voce, costumi, scenografia, luci assenti nella letteratura, sono la carne di quel corpo vivo che è lo spettacolo. Oggetto quasi esclusivamente letterario è sempre stato l'Aminta di Torquato Tasso.
Non sono più di nove, ad esempio, nell'arco di tutto il nostro secolo le messe in scena di questa «favola boschereccia», scritta pensando ai drammi pastorali e agli eleganti «masque» che arricchivano la vita teatrale della Ferrara cinquecentesca.
Eppure una ricca produzione critica, soprattutto recente, è concorde nel sostenere le specifiche teatrali dell'opera. Lo stesso Tasso, fra l'altro, ne fu il «regista», quando nel 1573 l'Aminta venne rappresentato per la prima volta nell'isoletta del Belvedere, residenza dei duchi d'Este poco distante da Ferrara.
Trionfo straordinario dell'epoca, grazie alla magica cornice naturale che le venne offerta, e grazie anche all'interpretazione della Compagnia dei Gelosi, l'Aminta entusiasmò gli spettatori ferraresi, divenne un modello compositivo per altri autori e contribuì in maniera decisiva alla diffusione del genere pastorale. A farne un così acclamato ed imitato capolavoro, non furono dunque soltanto le qualità poetiche del testo. Ciò che Tasso riuscì magistralmente a fare, fu trasformare il tema dell'amore in un tema spettacolare, in modo che il pubblico della corte estense, elegante e curioso, potesse ritrovare nella favola mitologica l'etica di quel comportamento raffinato e sensibile che la società di corte richiedeva.
La fortuna dell'Aminta si fonda perciò anche su un'accorta scelta teatrale, approntata da Tasso stesso, che con abilità seppe articolare una serie di temi minori attorno al centrale tema amoroso. I grandi momenti dell'amore e della morte si rincorrono continuamente dentro il tessuto della «favola boschereccia». Aminta, il pastore protagonista, ama non riamato. Silvia, l'oggetto della sua pena erotica, è data per morta e Aminta decide di morire anche lui. Ma Silvia, in realtà vive e consapevole oramai della crudeltà del proprio disamore, accoglie le profferte del giovane innamorato e le ricambia.
Dare corpo allo scheletro di questa vicenda è un compito che Tasso affidò contemporaneamente alla parola poetica e alla rappresentazione. Rappresentazione che sola riesce oggi a illuminare la serie dei contrasti tematici e teatrali che fanno così importante l'Aminta: il confronto fra il mondo bucolico inventato e quello storico della realtà, il rapportarsi di città e campagna, il conflitto fra giovinezza e vecchiaia, fra umanità e bestialità.

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