Udine | Teatro Zanon
8 marzo 1985
9 marzo 1985

Il calapranzi

Il lavoro di Santagata/Morganti si basa sul circuito continuo tra momento soggettivo e lo scontro di questo con i segni di una collettività degradata.

locandina
anno
1985
testo
Harold Pinter
regia
Carlo Cecchi
interpreti
Afonso Santagata, Claudio Morganti
produzione
Santagata e Morganti Associazione Katzenmaker

Premio UBU 184
Premio "Della Critica" 1984

Il lavoro di Santagata/Morganti si basa sul circuito continuo tra momento soggettivo e lo scontro di questo con i segni di una collettività degradata.
Oggi scelgono di lavorare con un regista, Carlo Cecchi, con il quale, hanno realizzato più spettacoli. Le intenzioni che hanno spinto i due attori a «giocarsi» Il calapranzi con la regia di Cecchi sono diverse e prima di tutto c’è l’interesse a lavorare nuovamente, dopo sei anni, con Cecchi al quale sono uniti affettivamente da più motivi comuni: la centralità del lavoro dell’attore, la ricerca di una lingua personalizzata e contemporanea, l’attenzione alla presenza che deve rispondere qui ed ora sulla scena, il piacere del gioco. recitativo.
Dalle prove nello spettacolo l’incontro tra Santagata/Morganti e Cecchi, due forze apparentemente diverse, non poteva promettere di meglio, I primi erano intenti a far sciogliere nel loro rapporto teatrale il testo di Pinter, a dipanarlo fino a perderlo di vista; Cecchi era più attento a rapporto di gioco tra attore e personaggio:
le due tensioni si sono poi mescolate tenendosi però a distanza e sorvegliandosi vicendevolmente.
E’ un modo per Alfonso e Claudio di confrontarsi con Ben e Gus: un modo di verificare l’essere attori per Santagata/Morganti nella drammaturgia di Pinter.
Nell’assurdo, il realismo: ne Il guardiano, Il compleanno, Ritorno a casa, così pure ne Il calapranzi. Un’insinuante promiscuità di realtà e finzione accompagna tutta l’opera dello scrittore inglese attimi quotidiani, gesti semplici dialoghi scontati, avviluppati dal gioco del teatro si trasformano in un’ aspra, massacrante giostra di paradossi, incongruenze. La tetraggine dell’incubo si associa ad un ostentato humour britannico nella vicenda dei due killers in attesa di nuovi ordini in una stanza squallida, vuota, isolata dal mondo; un dialogo insignificante testimonia che i due sono vivi: paura, sensi di colpa, senso del dovere, ne esprimono l’umanità; uno stolido calapranzi viene ad infrangere la condizione dell’attesa, così improbabilmente da apparire normale; e quando ci si aspetterebbe l’epilogo di una scena in verità solo abbozzata ma mai realmente animata, accade invece qualcosa: Ben punta la pistola contro Gus. Per ucciderlo? Pinter, con l'ennesimo escamotage, non ce lo dice: i due rimangono immobili, a guardarsi, come manichini.
A questo punto, però, avvertiamo nuovamente la sensazione del reale: dietro lo specchio deformante della metafora teatrale Pinter ha espresso i vuoti, le angosce, le irritazioni, i controsensi della condizione umana, la sua sgradevolezza. Ha usato la sua indiscutibile padronanza della scrittura teatrale per comporre una fotografia tridimensionale, un’istantanea in un tempo reale di una civiltà che non conosce espressione più intensa del silenzio.

La Compagnia Santagata e Morganti
Dopo una lunga pratica teatrale per l’uno (Fo e Ronconi) e una scuola di recitazione interrotta a metà per l’altro, accomunati dall’affinità con il lavoro di Carlo Cecchi (riconosciuto da entrambi come uno dei primi maestri), Alfonso Santagata e Claudio Morganti fondano nel 1979 l'Associazione culturale Katzenmacher.
Procedendo nel lavoro Santagata/Morganti definiscono sempre più una propria lingua, capace di tradurre sia i sentimenti sia la drammaturgia e le letture che sono «utili» al loro lavoro. A questa si mescola l'autobiografia che provoca e segue, come una traccia sotterranea il loro lavoro che diventa sempre più «sporco» di contaminazioni e di riferimenti. I motivi di lavoro, Santagata/ Morganti, li trovano dalla strada, dalle discoteche, li cerca no nei gesti degli ubriachi e dei matti incontrati di notte, li pescano nella tecnica del cinema (più Tarkovski che Fellini, più Fassbinder che Wenders) e rubano immagini dalle luci dei cantieri, dalle torce dei guardiani notturni, dai tracciati dei lavori in corso.
Definito qualche tema, qualche argomento questo lo si sviluppa e subito c'è il bisogno di materiali concreti, di oggetti, di vestiti che possano aiutarli nella definizione di quelle idee.
E’ possibile rintracciare nei loro spettacoli riferimenti o similarità con autori contemporanei come Pinter o Beckett: naturalmente questi autori appartengono alloro sapere teatrale ma non sono mai stati, fino ad oggi, direttamente utilizzati nei loro spettacoli.
Il tentativo di Santagata/Morganti è comunque quello di «parlar contemporaneo» di riuscire a scrivere scenicamente una propria ipotesi di teatro che si basa più che altro su «situazioni» che si devono realizzare tra i due attori e sui «sentimenti» che bisogna ritrovare sera per sera.

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