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La vita ferma: sguardi sul dolore del ricordo

Per la prima volta a Contatto, LUCIA CALAMARO, attrice, drammaturga Premio Ubu  e regista che vive e lavora fra Italia, Francia e Uruguay, debutta a Udine con La vita ferma: sguardi sul dolore del ricordo, la sua ultima opera, un dramma in tre atti sull’elaborazione del lutto, sulla gestione del ricordo, sulla complessa identità che i vivi attribuiscono a chi non c’è più e che è quasi sempre una “reinvenzione”. La Vita Ferma inscena uno squarcio di vita di tre vivi qualunque - padre, madre, figlia - attraverso l’incidente e la perdita.

locandina
anno
2017
regia
Lucia Calamaro
interpreti
Riccardo Goretti, Alice Redini, Simona Senzacqua
e...
scene e costumi Lucia Calamaro
contributi pitturali Marina Haas
produzione
SardegnaTeatro, Teatro Stabile dell’Umbria e Teatro di Roma
coproduzione Festival d'Automne à Paris / Odéon-Théâtre de l'Europe
in collaborazione con La Chartreuse - Centre national des écritures du spectacle e il sostegno di Angelo Mai e PAV

Finalista Premio Ubu 2017 per Migliore nuovo testo italiano o scrittura drammaturgica

15 febbraio ore 20
Udine, Teatro Palamostre, Sala Pier Paolo Pasolini

Il 12 febbraio alle ore 18.00 La scuola dello sguardo - lezione #2. La scrittura, a cura di Roberto Canziani (DAMS - Università di Udine)


“La vita ferma è un dramma di pensiero.
La sua gestazione ha avuto in me i tempi faticosi della rivelazione lenta e sommersa, abbordando quel dramma che il pensiero non sa, non vuole, non può gestire.
Per arrivare a centrarne il “dramma di pensiero” ho buttato via più materiale di quello che resta.
Ma il resto, quello che rimane, è per me il punto ultimo di concentrazione di un racconto che accoglie ,sviluppa e inquadra il problema della complessa, sporadica e sempre piuttosto colpevolizzante, gestione interiore dei morti.
Non la morte dunque,e non il problema del morire e di chi muore, che sappiamo tutti risolversi sotto la  misteriosa campana del nulla, che strangola sul nascere ogni comprensione.
Ma i morti, il loro modo di esistenza in noi e fuori di noi, la loro frammentata frequentazione interiore e soprattutto il rammendo laborioso del loro ricordo sempre così poco all’altezza della persona morta, così poco fedele a lei e così profondamente reinventato da chi invece vive.
E con i morti, una riflessione aperta sul lutto che ne deriva, la cui elaborazione non è detto sia l’unica soluzione, anzi, là dove una certa vulgata psicologizzante di malcerte origini freudiane comanda, esige, impone di assegnare il più velocemente possibile al proprio desiderio un oggetto nuovo per rimpiazzare l’oggetto perso, forse è li che interviene un racconto , anche uno piccolo come questo, pratica del singolare per antonomasia, a sdoganare il diritto di affermare la tragica e radicale insostituibilità di ogni oggetto d’amore perso, di ogni persona cara scomparsa.
Il dramma di pensare o meno ai morti è comunque il dramma di pensiero di chi resta e distribuisce o ritira, senza neanche accorgersene, un’esistenza. Di che tipo sia l’esistenza dei morti non saprei dire, ma come predica  Etienne Soreau “Non c’è un’esistenza ideale, l’ideale non è un genere  d’esistenza”
La Vita Ferma è dunque uno spazio mentale dove si inscena uno squarcio di vita di tre vivi qualunque, -padre, madre, figlia- attraverso l’incidente e la perdita. E’ occorso anche qualche inceppo temporale ad uopo, incaricato di amplificare la riflessione sul problema del dolore ricordo e sullo strappo irriducibile  tra i vivi e i morti che questo dolore è comunque il solo a colmare, mentre resiste.”
Lucia Calamaro

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