La voce umana

Una piattaforma galleggiante sull'acqua accoglie Rita Maffei in un intenso monologo diretto da Antonio Syxty

locandina
anno
1997
testo
Jean Cocteau
traduzione Marisa Zini
regia
Antonio Syxty
interpreti
Rita Maffei
scene/luci
scene Andrea Taddei
disegno luci Alberto Bevilacqua, Alberto Capellani
e...
costumi Andrea Taddei
produzione
Centro Servizi e Spettacoli di Udine

Quando Rita Maffei mi ha proposto l'idea di lavorare alla messa in scena del celebre atto unico di Jean Cocteau, non ho avuto il minimo dubbio sul fatto che l'attrice sarebbe stata immersa nell'acqua, che l'acqua in qualche modo l'avrebbe circondata, avvolta, l'avrebbe sospinta verso l'alto o attirata verso il basso; e che tutta l'acqua possibile - tutta l'acqua che potevo immaginare – avrebbe condizionato i suoi gesti, la sua voce, il suo corpo, il suo sangue.
Apparentemente l'acqua poteva richiamare le lacrime di una donna, di questa donna - la donna del monologo alle prese con l'ultima straziante telefonata al suo compagno che l'ha lasciata, forse per sempre; ma non è così. Poiché l'acqua nel caso della mia immaginazione è solo un elemento "naturale" che agisce - in scena - come elemento "innaturale". Una telefonata, in fondo, la si fa nella propria stanza, o in una stanza della propria casa, invece per me quest'ultima telefonata è a tal punto un segmento verbale di comunicazione, che lo immagino sospeso in un cosmo fatto di silenzio, là dove il silenzio è - a sua volta un altro segmento, altrettanto insondabile, come possono essere e risultare - nel nostro caso - le ultime parole di una donna al proprio amato.
Se avessi potuto, quindi, avrei sospeso l'attrice, Rita Maffei, nell'aria, poiché la sua voce, nel caso di questo famoso atto unico, è tutto, nel vero senso della parola. Un tutto che si identifica in modo così organico con quel segmento verbale dell'autore drammatico, da diventare il corpo stesso dell'attrice, la sua bruciante fisicità, il suo insondabile e ultimo atto di vita amoroso.

Così, pensando all'acqua, Rita e io siamo andati alla ricerca di uno "spazio per l'acqua" nella città di Udine, e pensando di non trovarla, abbiamo ricostruito, con Andrea Taddei, questo "spazio" di acqua-teatro, includendo l'acqua nella scena, facendola così diventare elemento naturale in un contenitore innaturale, la scena - appunto -, trasportabile in qualunque altro spazio-teatro possibile.
Nel frattempo ho chiesto anche, ad Andrea Taddei, di immaginare un costume possibile per questa donna, che in qualche modo venisse appesantito dall'acqua, diventasse in un certo qual modo anch'esso "liquido", in forma di stoffa bagnata, debordante nelle misure, improbabile nella sua funzione di abito, e plausibile invece nella sua funzione di elemento chimico.
Una volta esaurito questo percorso, la continua ricerca di uno "spazio per l'acqua" nella città di Udine - peraltro mai interrotta - ha sortito l'identificazione di un luogo fisico - a suo modo certamente "innaturale" per l'acqua stessa - come quello di una piscina pubblica.

A questo punto l'entusiasmo, da parte mia, è stato totale: potevo "sospendere" l'acqua contenuta dalla scenografia, sull'acqua contenuta dalla vasca della piscina, senza che le due "acque" - i due "spazi" - potessero toccarsi fisicamente, realizzando così una sorta di macchina (o macchinazione) concettualmente "inutile", in grado di evocare - per similitudine - quel segmento di spazio verbale insondabile, realizzato da Cocteau stesso - nel suo atto unico di parole per questa donna innamorata -, finalmente sospeso in un silenzio "fisico" che diventa assenza, mancamento, vertigine di quel "nulla amoroso", tanto simile alla vertigine dell'altro "nulla" evocato dalla macchinazione scenica di questa "messa in atto" delle parole.
Citando così Cocteau stesso, si potrebbe aggiungere che: «Sarebbe un errore credere che l'Autore cerchi la soluzione di qualche problema psicologico: non si tratta che di risolvere problemi d'ordine teatrale; difatti il male contro il quale si dovrebbe giustamente intervenire, è la mescolanza del teatro, della predica, della tribuna, del libro. Teatro puro sarebbe il termine alla moda, se teatro puro, poesia pura, non fossero un pleonasmo; poiché poesia pura significa poesia, e teatro puro: teatro. Non ne dovrebbero esistere altri».
Spero, con questo, di essermi avvicinato al suo pensiero.

Antonio Syxty

Immagini

Tournée

prima assoluta

1 agosto 1997
Udine, Piscina Comunale