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Les adieux

Les adieux è l’opera prima di Arianna Giorgia Bonazzi (Fandango libri 2007) ed è anche il titolo del nuovo spettacolo di Benedetto Sicca, prodotto da CSS Teatro stabile di innovazione del FVG in coproduzione con Napoli Teatro Festival Italia, che si avvarrà di una raffinata tecnologia diffusa nel cinema e nel videogioco, la stereoscopia in 3D

locandina
anno
2010
testo
Arianna Giorgia Bonazzi
regia
adattamento e regia Benedetto Sicca
interpreti
Francesca Ciocchetti
scene/luci
scenografia Flavia di Nardo, Tommaso Garavini
disegno luci Marco Giusti
e...
ideazione immagini 3D Marco Farace e Benedetto Sicca
progettazione, realizzazione e animazione 3D INSONNIA TEAM - Marco Farace, Diego Lettieri, Valeria Verde
disegno del suono Marco Canali
stylist Simone Valsecchi
realizzazione scene Susy Urbani
produzione
CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia
in coproduzione con Napoli Teatro Festival Italia

La storia di una bambina e di una famiglia degli anni ottanta raccontata con le voci, i toni e le libere associazioni mentali tipiche dell’infanzia, ma anche con una raffinata tecnologia diffusa nel cinema e nel videogioco ma non ancora in teatro, la stereoscopia in 3D: è Les adieux, opera prima di Arianna Giorgia Bonazzi (Fandango libri 2007), portata in scena dal giovane attore e regista napoletano Benedetto Sicca e interpretata da Francesca Ciocchetti, attrice del Piccolo Teatro di Milano e vincitrice del Premio Ubu 2009 come miglior attrice non protagonista nelle ultime produzioni di Luca Ronconi e di Carmelo Rifici.

Note di regia
Les adieux è un esperimento drammaturgico complesso e aspira ad essere un’esperienza per gli spettatori che sono chiamati a comporre una logica del non-senso.
Tale esperimento, da un lato non prevede una comprensione lineare della narrazione, dall’altro non rinuncia a elaborare una coerenza drammaturgica interna: è un montaggio ibrido di suoni, immagini e parole, diacronico e disfasico, come diacronica e disfasica è la memoria.
Il “personaggio” che parla (meglio definirlo un flusso intermittente di memoria) è trascinato a mutare in continuazione il momento da cui ricorda. Allontana e riattualizza gli oggetti della memoria, e ne subisce un’emersione incontrollata che ne lascia i nervi scoperti.
Questo spettacolo è stato un confronto aperto con il mio spazio interiore del non-cosciente e del sogno. Tale spazio è privo di ogni accezione psicanalitica, ma è il luogo nel quale oggettivare il mistero del sogno (ad occhi chiusi e ad occhi aperti) come un frammento della realtà, che incide nell’esistenza tanto quanto i ricordi e le relazioni.
La sovrapposizione o la confusione tra la mia memoria e quella del personaggio è contestuale, per il decennio (gli anni ’80) da cui emerge il racconto ed è pretestuosa per l’aver cercato di iniettare le paure e i sogni del personaggio con le mie paure ed i miei sogni.
Ecco cosa dice Pessoa ne Il libro dell’inquietudine: - o il sogno, che la mia intelligenza ricusa, o l’azione che alla mia sensibilità ripugna; l’azione, per la quale non sono nato, o il sogno per il quale nessuno è nato. Così, siccome detesto entrambi, non scelgo; ma poiché ad un certo momento, devo sognare o agire, mescolo una cosa nell’altra.
Benedetto Sicca

Arianna Giorgia Bonazzi è nata a Udine nel 1982. Ha studiato Scienze della Comunicazione e Filosofia della Scienza a Milano e Parigi. Ha scritto di cinema per I duellanti e di poesia per Il Segnale, e collaborato col programma di Rai3 Gargantua. Oggi traduce autori americani contemporanei. È autrice del saggio sulla letteratura cannibale I cannibali bulimici dell’infanzia e del romanzo Les adieux (Fandango Libri 2007), primo titolo della collana quindicilibri, diretta da Alessandro Baricco e Dario Voltolini. Un esordio accompagnato dal consenso unanime dei critici. Altri testi pubblicati: il romanzo Oggi stesso sarai con me in paradiso, (Fandango Libri 2008) Sopravvivere all'attesa. Manuale per giovani coppie di Giorgia  Bonazzi e Arnaldo Greco (Fandango Libri 2010).

Nel suo romanzo di esordio, Arianna Giorgia Bonazzi - autrice uscita dalla fucina della Scuola Holden di Alessandro Baricco - narra la storia di una famiglia degli anni Ottanta raccontata da una bambina, con la voce, i toni e la frammentazione della memoria tipica dell’infanzia, che taglia, incolla, sovrappone e cita pezzetti di scoperte e di sentito dire, presi a prestito dagli adulti, dalla televisione e dalla folla che ci circonda. Il libro nasce dalla fusione tra lingua parlata e linguaggio poetico. Difficile cogliere ogni snodo narrativo in maniera razionale, meglio è lasciarsi trasportare dalla sua musicalità e quindi costruirsi un proprio ritmo di lettura. Ma quando dalla pagina scritta si passa alla scena, le cose si complicano...
Come mettere in scena questo testo? Come materializzare un mondo così interiore? Il teatro può accogliere e restituire un simile linguaggio?
Benedetto Sicca, giovane attore e regista napoletano, ha scelto di confrontarsi con Les adieux.
«L’idea di messinscena di Les adieux nasce dal potenziale evocativo di un testo che, attraverso il linguaggio dell’infanzia, mette a nudo la crudeltà dei legami famigliari e il loro potenziale di incomunicabilità. La struttura della scrittura, basata su una relazione dialettica e complessa tra gli oggetti e la loro capacità di evocare ricordi nella mente della protagonista, per poi trasformarsi e svanire, poneva il problema di trovare una “idea di regia” che non desse il tempo agli oggetti della memoria di comparire in tutta la loro concretezza, ma fosse in grado di materializzarli per il tempo necessario a far sì che la memoria li trasformasse in qualcos’altro. La risposta a questo quesito di regia, è giunta dall’incontro con Marco Farace e la sua “Insonnia Team”, un gruppo che ha sviluppato a livello tecnologico e creativo l’utilizzo della stereoscopia, e cioè una tecnica di ripresa e di proiezione che, tramite l’uso di occhialini, è in grado di materializzare qualsiasi oggetto virtuale in modo tridimensionale nello spazio.
E' quindi nato il progetto di messinscena, basato sul rapporto tra un’attrice e, appunto, delle immagini stereoscopiche, che avvolgendo interamente lo spazio condiviso con il pubblico, rendano quest’ultimo protagonista stesso della memoria e dei pensieri della protagonista, i quali pensieri, per statuto, mutano in continuazione e si fermano su un oggetto solo per trasformarsi nell’oggetto successivo.
La contaminazione tra il corpo dell’attrice, i suoni e le immagini tridimensionali, potranno condurre gli spettatori in un vero e proprio “viaggio” in un altro paese delle meraviglie, nel quale, attraverso le parole dell’autrice, si possano riscoprire frammenti della propria infanzia e dei propri piccoli e grandi addii».
Benedetto Sicca

Un testo che unisce poesia e oralità, un regista visionario e un team di tecnici che lavorano sulle tecnologie digitali audiovisive: questi gli ingredienti del nuovo spettacolo di Benedetto Sicca. Il giovane regista napoletano, che si è imposto all’attenzione del pubblico e della critica durante la prima edizione del Fringe con Quella scimmietta di mio figlio, partecipa quest’anno al Napoli Teatro Festival Italia che ora produce il suo nuovo spettacolo insieme al CSS Teatro stabile di innovazione del FVG. Tratto dall’omonimo libro di Arianna Giorgia Bonazzi (Fandango 2007), «Les adieux – spiega Sicca – è la storia di una bambina narrata con la voce e la frammentazione della memoria tipiche dell’infanzia, che taglia, incolla, sovrappone e cita brandelli di scoperte, frasi e parole prese a prestito dagli adulti, dalla televisione e dalla folla che ci circonda». Ma è anche la storia di una famiglia degli anni Ottanta raccontata attraverso le perdite che si imprimono nella coscienza «di una piccola Alice nel Paese delle meraviglie o di una Dorothy del Mago di Oz». La novità introdotta dal regista insieme a Marco Farace e alla sua Insonnia Team consiste nell’uso della tecnologia stereoscopica in 3D per esaltare la forza evocativa di un testo che punta sulla possibilità di visualizzare immagini mentali.
Stereoscopia e teatro: come è nata l’idea?
Benedetto Sicca: Quasi tre anni fa, una settimana dopo aver acquistato, per caso, Les Adieux, mi sono messo alla ricerca di una materia/non materia che avesse la sostanza dei sogni. Volevo trattare gli oggetti della memoria per ciò che sono: immagini che cerchiamo di nominare, ma che svaniscono nell’istante in cui stiamo per farlo. Serviva un linguaggio visivo… sospeso quanto quello del testo. Così, ho cercato su internet informazioni sulle tecnologie stereoscopiche e ho incontrato Marco Farace e il suo gruppo Insonnia Team. Insieme, a poco a poco, ci siamo appassionati a un’idea comune.
Che cosa comporta l’uso di questa tecnologia?
Siamo nel pieno della ricerca e della sperimentazione. E per questo devo ringraziare il Festival, il CSS di Udine e tutte le persone che con passione si sono tuffate con me in un viaggio che ha pochissimi punti fermi: il teatro è un’arte collettiva! Stiamo lavorando su due piani paralleli: l’adattamento del testo e una “sceneggiatura della memoria”, poiché ogni singolo oggetto stereoscopico richiede molto tempo per essere prima pensato, progettato, modellato, e poi animato.
Quindi il lavoro a teatro da una parte, quello in studio per il 3D dall’altra…
L’obiettivo è costruire un mondo e un linguaggio unici, composti dal suono, dalle immagini e ovviamente dal corpo dell’attrice e dalla scenografia. È una sintesi di segni complessi, che devono costruire un oltresenso in grado di significare qualcosa che ciascuno dei segni individualmente non sarebbe in grado di evocare.
Quali sono i limiti e le potenzialità della stereoscopia?
Credo che il potenziale sia sconfinato. Quanto sta succedendo in questi mesi ci dice che il 3D modificherà definitivamente l’audiovisivo. Peraltro, in tutte le prove che abbiamo fatto, ho notato una sorta di regressione infantile: inforcati gli occhialini, tutti cercano di catturare le immagini che spuntano davanti agli occhi. La  stereoscopia non è un mezzo comodo, porta con sé questioni tecniche molto complicate, soprattutto se messa in relazione con il corpo di un attore. Ma c’è un  pericolo…
Quale?
Le nuove tecnologie a teatro devono essere usate quando veramente servono. Altrimenti diventano un’illusione autoreferenziale e vacua.

Immagini

Tournée

prima assoluta
dall'8 all'11 giugno 2010, ore 20
Napoli Teatro Festival Italia
Napoli, Teatro San Ferdinando