Il maestro e Margherita
Il romanzo di Bulgakov raccontato da Giuseppe Bevilacqua per "costruire l'illusione, la meraviglia di una realtà magica aperta al sogno"
locandinaideazione artistica Mara Udina
Il Maestro non vuole più continuare a scrivere il suo romanzo su Cristo. Il giovane poeta Ivan, con molte pretese, cerca di farsi strada nel mondo "alto" degli intellettuali, ma incontra il Diavolo, in persona del professor Woland, esperto di Magia Nera e del suo stesso disvelamento. Mosca (siamo nel '30) viene percorsa intera, da un turbine di folla attesa, di fame ti canti interpretazioni dell'incomprensibile. Alla fine tutti si ritrovano in Manicomio, e non se ne salverebbe uno senza l'amore di Margherita che, come sporgendo da un quadro di Chagall, vola sulla città, a vincere, col sentimento, ormai magico, tempo e spazio, e ogni affanno. E' allora che il Maestro ritrova il suo romanzo, é il povero poeta può finalmente dormire con un 'espressione felice: e gli è concesso di sognare... almeno. Così tutto, che altro non sarebbe che insensata beffa, si illumina: non di smisurata pura luce, ma di compassione, di pace. Abitare le cose, ma soprattutto i volti che continuamente mi sorprendono di questo racconto bellissimo, è stato per me come cercare di tornare un po' al momento iniziale del teatro, dove si può, con poco, costruire l'illusione, la meraviglia di una realtà magica aperta al sogno e alle sue premesse, la possibilità di restituire, col corpo e la voce, delle cose lo stupore, degli uomini il desiderio di pace... la nostra "poca bellezza".
Giuseppe Bevilacqua