Barbablù
Il Barbablù di Cesare Lievi è stato allestito - secondo l'indicazione di Trakl - come uno spettacolo di marionette, ma interpretate da attori in carne ed ossa che appaiono e scompaiono in uno spazio molto ridotto
CREDITStraduzione di Cesare Lievi
progetto luci Gigi Saccomandi
Nel 1984 la Compagnia del Teatro dell'Acqua di Gargnano sul Garda, fondata cinque anni prima da Cesare e Daniele Lievi, presenta alla Biennale Teatro di Venezia - dedicata al Teatro della Secessione - lo spettacolo Barbablù, tratto dal testo di Georg Trakl che, raccogliendo entusiastici consensi, mette in luce la delicatissima ed originale poetica che deriva dalla strettissima adesione tra regia e lavoro sullo spazio operata dai Lievi.
Da quel successo nazionale Cesare (regista) e Daniele (scenografo) iniziano un percorso teatrale ricchissimo, che li porta a lavorare per i grandi teatri e festivals europei (Heidelberg, Basilea, Francoforte, ma anche in Italia a Brescia, Milano, Gibellina); nel 1988 vengono chiamati da Klaus Peymann al Burgtheater di Vienna, dove hanno la possibilità di sviluppare progettualmente, con il vantaggio della stabilità, la propria linea di lavoro teatrale.
Nel 1991, dopo la prematura scomparsa di Daniele Lievi, il Burgtheater riallestisce Blaubart per il Wiener Festwochen, la prestigiosa rassegna della scena europea, dove si impone come spettacolo di maggiore successo.
Riprendendo una collaborazione che risale al 1984, il Centro Servizi e Spettacoli di Udine ha prodotto, sempre con la regia di Cesare Lievi, una nuova versione del Barbablù che è stata presentata nel programma del Mittelfest di Cividale del Friuli nel 1992, e nella successiva stagione in numerosi teatri italiani.
Il Barbablù è stato allestito - secondo l'indicazione di Trakl - come uno spettacolo di marionette, ma con marionette interpretate da attori in carne ed ossa che appaiono e scompaiono in uno spazio molto ridotto, uno spazio che a volte si apre su un fondale azzurro e luminoso, ma che poi si richiude lino a diventare una sottile fessura; una sorta di scatola magica in continuo movimento (durante un'ora di spettacolo si susseguono 45 cambi di scena), in cui si passa con grande naturalezza e senza soluzione di continuità da immagini d'insieme a visioni di particolari. Ad affermare la forza comunicativa e la limpida bellezza del Barbablù ricordo le parole di Peter Iden che così lo descrive: "... Uno spazio scenico in continuo movimento, in cui questo mutare delle dimensioni suggerisce qualcosa di improvvisamente onirico: soltanto nei nostri sogni vi è questa contiguità tra una visione d'insieme ed un dettaglio improvvisamente messo in risalto e con ciò ingrandito fino a sconfinare nel surreale". Questo particolare allestimento in cui il pubblico viene accolto in una piccola platea all'interno di una scatola nera, offre allo spettatore una speciale partecipazione allo svolgimento del dramma: un punto di vista nascosto dal quale poter guardare senza essere guardati, uno spiare ed un assistere all'inesorabile succedersi degli accadimenti.
AIberto Bevilacqua