Il giorno delle parole degli altri
Gli "altri" sono solo facce e voci diverse della stessa figura che quelle parole ascolta. Lo spettacolo vuole scomporre e ricomporre le diverse parti di uno stesso "io"
CREDITSluci Gigi Saccomandi
coreografie Daniela Schiavone
suono Alessandro Saviozzi
Cesare Lievi torna a Udine per portare a compimento una ideale trilogia iniziata nel 1993 con Barbablù, proseguita con Tra gli infiniti punti di un segmento, e che ora si completa con Il giorno delle parole degli altri.
Regista di livello europeo e di grande palcoscenico (non c'è bisogno di ricordare i molti successi realizzati in Germania e in Austria, o le due produzioni da lui firmate per il Centro Teatrale Bresciano: la kleistiana Caterina di Heilbronn e Alla meta di Thomas Bernhard), Lievi scopre in questi spettacoli più piccoli e chiusi, quanto a dimensioni, lati più privati del suo essere artista. Nello stesso tempo, in questi casi, il regista si fa anche autore e poeta della materia da narrare, come avveniva nel Teatro dell'Acqua che aveva creato assieme al fratello Daniele, ma anche nelle prove che più avanti nel tempo ci ha proposto, da Varieté, un monologo fino a Festa d'anime. E poeta tout court egli si è dimostrato nella raccolta pubblicata da Marsilio Stella di cenere.
Barbablù era, dentro la cornice di un teatrino minuscolo in cui gli attori interagivano con le immagini e perfino con le ombre, l'evocazione lancinante della crudeltà dell'amore, che può ardere fino all'annientamento e all'assassinio dell'altro, come insegna la favola romantica. E un rapporto cannibalesco tra due creature era anche il cuore di Tra gli infiniti punti di un segmento, nel cui finale però emergeva un riappropriarsi amaro della propria intimità e del proprio io da parte di chi si era fino a quel punto annullato nel sentimento per l'altro. Ora, quasi terza e ultima tappa di quel percorso amoroso, arriva Il giorno delle parole degli altri.
Images
Tour
dal 4 al 5 maggio 2000
Milano, Teatro Studio
23 maggio 2000
Bonn (D)