Il canto di un giorno (Ernest H.)
Lo spettacolo non celebra un personaggio né la sua opera, bensì celebra la sua ossessione e la sua ansia di vita e di morte, cercando di dare a questa angoscia una valenza universale: ognuno di noi è Ernest H., anche se percorre itinerari solo mentali.
CREDITSda un'idea di Andrea Centazzo e Marco Maria Tosolini
luci Rino Amato
E' per me stesso, autore, estremamente arduo definire e quindi presentare Il canto di un giorno (Ernest H.).
AI di là della mia insofferenza culturale per le classificazioni e la nozione stessa di «genere», per certo questo lavoro non si inscrive in limitate categorie: non è assolutamente una piece teatrale con musica (lo esclude la voluta non teatralizzazione e la preponderanza delle parti musicali); non è altresì un'opera lirica (lo nega il linguaggio espressivo composito, con rilevante presenza di un testo recitato); né ancor meno è uno degli esempi contemporanei di teatro-danza tanto di moda oggi (la danza, ovvero il movimento, è qui solo un interpunzione del linguaggio e non asse portante del tessuto semantico).
D'altro canto sarebbe assurdo definire questo evento «performance» in quanto non si tratta di uno spettacolo che solamente sulla scena si realizza (come solitamente accade per quello specifico tipo di lavori multimediali), ma che invece alle scene preesiste e che alla rappresentazione sopravvivrà.
Ancora una volta quindi per rispondere a questa esigenza di definizione «definirò» quest'opera con una non-definizione, parimenti a quanto già fatto per il mio lavoro nel campo dell'immagine (non-pittura, non-video, non-…).
Ne Il canto di un giorno (Ernest H.) ogni elemento espressivo che sia testo, musica, canto, recitazione, danza, regia o strumento è parametro musicale compositivo, e come tale è stato concepito, scritto in partitura ed inserito nel contenitore spettacolare.
L'innesto creativo di queste mie esperienze compositive sta proprio alla confluenza di molti bracci del grande fiume musicale: non più quindi musica intesa come genere, ma esperienza stimolante e credo provocatoriamente ed utilmente inclassificabile, dal cui alveo affiorano scorie di varia natura senza rimembranze musicali di mondi diversi contaminazioni tra gesti, movimenti, orditi musicali anelanti ad un'unica forma di espressività.
Questa forma-spazio dall'iterazione del segmento ritmico alla stratificazione spettacolare caleidoscopicamente riproposta nell'incedere compositivo.
Il canto di un giorno (Ernest H.) non celebra un personaggio né la sua opera, bensì celebra la sua ossessione e la sua ansia di vita e di morte, cercando di dare a questa angoscia, con un linguaggio volutamente astratto (a sé contrapposto e soprattutto non di genere) una valenza universale: ognuno di noi è Ernest H., anche se percorre itinerari solo mentali.
Il canto di un giorno (Ernest H.) diventa quindi per l'autore (e mi auguro anche per lo spettatore) un linguaggio che si evolve dalla primigenia ricerca sulla natura del suono, a quella più problematica sulla metodologia del fare arte come esperienza semantica totalizzante.
Andrea Centazzo