Dove brilla il mio sole
Le vivaci e inaspettate metamorfosi di Mechthild Grossmann nella versione italiana di Wo meine Sonne scheint, un copione aperto che l'attrice fa suo per esprimere in diverse forme i problemi di un'esistenza
CREDITSversione italiana Franco Rosa
luci Maurizio Longano
fonica Rino Amato
Assisto allo spettacolo in lingua tedesca: Mechthild Grossmann mi ha chiesto di farne una versione italiana.
Mi consegna il materiale: pagine dattiloscritte e fogli manoscritti con una chiara calligrafia, raggruppati secondo temi.
Li leggo sul rapido Meistersingen e costeggiando il Reno da Colonia fino a Magonza penso allo spettacolo: un variegato collage di sequenze e immagini. Penso ai lunghi silenzi tra un monologo e l'altro, al concerto per pianoforte e orchestra N. 5 «Imperatore» di L. van Beethoven, alle canzoni di Brecht, Weill e di Caterina Valente, e perchè no, alla leopardiana luna («e tu pendevi allor su quella selva, siccome or fai, che tutta la rischiari»), ma soprattutto cerco di riordinare gli anelli di una catena di associazioni, frutto delle vivaci e inaspettate metamorfosi di Mechthild Grossmann.
Mi metto al lavoro di traduzione, mi trovo di fronte a un conglomerato di stili, a una lingua in parte ridotta all'essenziale, in parte ricca di analisi del particolare. Testi classici, descrizioni minuziose, modi di dire quasi dialettali (ma non dialettali) si alternano ad immaginari dialoghi costruiti su un ossessionante ripetersi di domande, a frasi al limite del nonsense, a puntigliose ricerche stilistiche; il tutto oscilla sarcasticamente tra il raffinato e il banale.
Sono tasselli di un mosaico che riproduce le esperienze di una donna: i suoi ricordi, i suoi sogni, i suoi sentimenti.
Termino l'abbozzo della traduzione ed incontro a Wuppertal Mechthild Grossmann, dove iniziamo il lavoro di controllo e revisione del materiale: solo ora noto che Mechthild Grossmann parla del «suo personaggio» in terza persona. Parla di un ruolo, o meglio della storia di un essere (ein mensch) e non esclusivamente di una donna. Parla di una contraddizione esistenziale (reale? astratta? d'oggi? di ieri?), parla dell'angoscia del quotidiano.
Chiariamo alcuni dettagli, e perfezioniamo alcune forme italiane: esse devono rispecchiare il più fedelmente possibile modi di dire tedeschi. Infine Mechthild Grossmann ricopia con la sua chiara calligrafia il testo italiano.
Nel piccolo teatro di Mori, dove si prova per la prima di Rovereto con il regista e coautore Helmut Schäfer, apportiamo le ultime correzioni.
L'originale tedesco «Wo meine Sonne scheint» è un copione aperto che l'attrice Mechthild Grossmann fa suo per esprimere in diverse forme i problemi di un'esistenza. Ma con questo spettacolo non si limita all'uso della propria lingua, varca i confini del «teatro tedesco» e dopo il francese, l'inglese ecco ora la versione italiana. Non si tratta di una versione nata e ultimata a tavolino, ma determinata da una continua verifica del palcoscenico.
Franco Rosa