Udine | Teatro Zanon
March 20, 1998
March 22, 1998
Notte
Fra l’immaginario urbano di oggi e l’universo poetico di antiche storie, prende forma Notte, l’ultimo spettacolo di Giorgio Barberio Corsetti.
CREDITSluci Piergiorgio Foti
progettazione video e immagini Fabio Iaquone
gli specchi sabbiati sono opera di Flavio Favelli
Fra l’immaginario urbano di oggi e l’universo poetico di antiche storie, prende forma Notte, l’ultimo spettacolo di Giorgio Barberio Corsetti, padre del teatro di ricerca italiano. Un importante ritorno quello di Corsetti a Teatro Contatto, visto che fu proprio all’interno della rassegna udinese che negli anni Ottanta l’artista romano presentò le sue prime creazioni di ricerca: dal primo lavoro Il ladro d'anime (1984), a La camera astratta (Premio Ubu per il video/teatro) e, ispirato all’opera di Kafka, Descrizione di una battaglia (1988). Concentratosi da tempo su una ricerca teatrale che riflette l’interesse per il linguaggio video al servizio della drammaturgia e per le nuove tecnologie, Corsetti ha firmato poi di recente lavori come Histoire du Soldat (assieme a Gigi Dall'Aglio e a Mario Martone) da una sceneggiatura di Pasolini, Il corpo è una folla spaventata su testi di Rimbaud, Majakovskij e Artaud e La nascita di una tragedia - un notturno, uno spettacolo pensato in forma di viaggio attraverso il tragico nella città. Ed è a quest’ultimo testo che in particolare è legato Notte, nuovo quaderno di appunti per una mitologia contemporanea. L’universo di riferimento dello spettacolo è composto dalla memoria delle origini, memoria di antichi testi sacri e racconti mitologici. Delle origini dell’umanità, del formarsi della coscienza parlano le filosofie tradizionali come quelle dell’India antica, dei Veda, delle Upanishad, del Baghavad-Gita, materiali di spunto e di lavoro per lo spettacolo. I libri sapienziali indiani come i testi vedici - cioè la parte più antica della letteratura indiana, che precede per allusioni e per enigmi - possono ancora oggi parlarci e stupirci; essi non fanno che raccontare del contatto possibile con la parte più intima di noi stessi, e del nostro rapporto con l’universo, tracciando una mappa sconvolgente e sconfinata del lato sconosciuto, nascosto dietro le costruzioni dell’io e del mio.
"Per me è interessante - racconta Corsetti - vedere come attraverso il risuonare di questi miti che ci appartengono e si perdono nel passato, si può nutrire il presente. Non mi interessa raccontare il passato, il mito, ma vedere come queste ombre possano diventare le nostre ombre". Sulla scena Corsetti dispiega tutti gli elementi del suo personale universo poetico fortemente improntato dalle nuove tecnologie: schermi bianchi, pedane mobili per trasportare i personaggi, video che moltiplicano i movimenti, pannelli rialzabili al centro del palcoscenico, forme ogni volta chiamate a rappresentare gli scenari evocati dai personaggi. I suoi personaggi si aggirano in un tempo non più lineare ma ciclico e mitico: un poeta, un giocatore, una ragazza che si disperde e perde tutto, tre vecchie donne, delle madri, un padre, un giudice si incontrano facendo pensare a mille incontri possibili. “Ma questi incontri - continua Corsetti - la zona nascosta, là dove gli esseri si toccano profondamente, prende il linguaggio antico dei testi sacri, che non parlano di divinità lontane, ma di quanto sia divina la parte nascosta dietro a tutto ciò che esiste”.