A Mestre si cambia
Dieci quadri teatrali a duecento anni di distanza dal trattato di Campoformido
CREDITSdisegno luci Alberto Bevilacqua
in collaborazione con Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
D'accordo. L'obiettivo non era affatto la costruzione di un dramma storico, di una rievocazione di fatti e awenimenti d'epoca. Piuttosto quello di una contaminazione. La prima - e più evidente - quella fra tre opere scritte in epoche diverse, in stili differenti, con finalità persino opposte; eppure da sottili affinità accomunate. Mescolare le massime universali presenti nel Barone Rampante di Calvino alla narrazione segnata dalla malinconia dell'ottuagenario immaginato da Nievo è stato un gioco piacevole e arricchitosi di nuovi stimoli quando a questi due riferimenti letterari si sono aggiunte alcune lettere di Jacopo Ortis. Questo intreccio di storia ufficiale e di storie individuali s'è andato via via rafforzando grazie all'introduzione di stralci prelevati da bandi e decreti, lettere e diari del Friuli a cavallo fra '700 e '800. Così a duecento anni dal trattato cosiddetto di Campoformido, abbiamo scoperto in noi la poca voglia di celebrazioni e il forte desiderio di raccontare questo pezzo di storia del Friuli senza gusti cronachistici, ma con il piacere di stuzzicare le coscienze di oggi.
Perchè è vero che il Friuli di allora venne attraversato dalla formidabile ventata di novità che i soldati francesi trascinarono fino alle nostre terre di fine Settecento.
Ma è anche vero che si capì solo più tardi che di un altro padrone si trattava. Di questa terra perseguitata da padroni sconosciuti abbiamo voluto parlare, in A Mestre si cambia. Di questa terra pronta a celebrare i Veneziani, alla stessa stregua dei Francesi e degli Austriaci e nel contempo così poco attenta e innamorata di se stessa abbiamo voluto dire in questo spettacolo, fatto con i pezzi della storia di quell'epoca, ma che non solamente a quell'epoca vuole alludere. Altre parole d'ordine? Nessun folklorismo, nessuno spettacolo in costume; trattare questo pezzo di storia con la lievità di una fiaba, nella speranza di attirare in questo dibattito anche i giovani friulani di oggi.
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prima assoluta
13 dicembre 1996
Udine, Teatro San Giorgio