Dire d'amare
Il teatro come comunicazione della gioia, della positività della fede, la speranza come sfida all'angoscia dei nostri tempi: questi gli elementi centrali e portanti che hanno diretto e ispirato il lavoro teatrale di Giuseppe Bevilacqua
CREDITSaccompagnamento all'organo di Albino Perosa
cori dalla Cappella Musicale J. Tomadini, diretta da Gilberto Della Negra
al violino Licia Ellero
un ringraziamento a Orazio Costa per la preziosa collaborazione
Il teatro come comunicazione della gioia, della positività della fede, la speranza come sfida all'angoscia dei nostri tempi: questi gli elementi centrali e portanti che hanno diretto e ispirato il lavoro teatrale di Giuseppe Bevilacqua alla Chiesa di San Cristoforo di Udine.
Dire d'amare, realizzato dal CSS e dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Udine, è una raccolta di bellissimi testi di diversi autori, scelti da Bevilacqua, che verranno 'portati' al pubblico dallo stesso Giuseppe Bevilacqua insieme a Cristina Benedetti, Gabriele Benedetti, Lorella Dose, Stefano Rizzardi e da alcuni ragazzi di Borgo Grazzano; i pezzi di Rilke, T.S. Eliot, Peguy, di tre bambini di Arzano, di Orazio Costa, A.Zanier, Dostoevskij, Dante e San Francesco convergono in un percorso che dal mistero dell'Annunciazione porta alla speranza e alla preghiera, dall'amicizia alla lode dell'operato del Signore, in una messa in scena che si sviluppa nel limite continuamente varcato tra lettura e drammatizzazione, in una recitazione che si slancia dalla meditazione e dalla riflessione verso la spontaneità e l'improvvisa freschezza delle parole e dei significati, con toni fortemente naif.
Avvalendosi delle musiche elettroniche di Raffaele Scognamiglio, dell'accompagnamento all'organo di Albino Perosa, delle musiche di Bach e de Joskuen suonate al violino da Licia Ellero e dei cori cantati dalla Cappella Musicale J.Tomadini, del contributo del pittore Gilberto di San Marzana, Giuseppe Bevilacqua ha preparato una serata di grande emozione e suggestione, dove è presente vivissima la forza e il pensiero del Maestro Orazio Costa Giovangigli, uno dei grandi uomini di teatro italiani, dal cui insegnamento (parallelo al lavoro di Copeau) sono nate le migliori generazioni di attori del dopo-guerra italiano.